Il licenziamento è una delle possibili modalità di concludere un rapporto di lavoro: all’interno di questo termine però si celano diverse ipotesi.
Non esiste un unico tipo di licenziamento, ma bensì tre: il licenziamento per giusta causa, o licenziamento disciplinare di primo tipo, il licenziamento per giustificato motivo soggettivo ed infine il c.d. licenziamento economico (o per giustificato motivo oggettivo) che è del tutto indipendente dal comportamento del lavoratore.
In questo caso, ci concentriamo soprattutto sul licenziamento disciplinare per comprendere quali siano le sue caratteristiche e le sue implicazioni, quando si verifica e perché.
Il licenziamento disciplinare consiste nella massima sanzione che un datore di lavoro può comminare al lavoratore, laddove egli, col suo comportamento, violi delle norme di legge o non rispetti il codice disciplinare dell’azienda, ‘tradendo’ la fiducia che lega datore di lavoro e sottoposto.
Si parla di licenziamento disciplinare in conformità all’art. 2119 del codice civile e dell’art. 3 della legge 604 del 1966: esso ricomprende il licenziamento per giusta causa e giustificato motivo oggettivo, e questa categoria si distingue quindi dalle ipotesi di licenziamento per cause che non dipendono dal lavoratore (giustificato motivo oggettivo).
Nei primi due casi, quindi, il termine del rapporto di lavoro è dovuto ad un comportamento sbagliato, fraudolento, abbastanza grave da parte del lavoratore e questo giustifica il termine del rapporto su scelta del datore di lavoro.
Cosa è il licenziamento disciplinare
Il licenziamento in questione è un atto unilaterale con il quale il datore di lavoro tronca il rapporto lavorativo. La motivazione, in questo specifico caso, è appunto disciplinare, cioè si basa sulla violazione di alcune norme di comportamento e non solo da parte del lavoratore stesso.
Il lavoratore, per subire il licenziamento disciplinare, dovrebbe violare delle norme di legge, o i contratti collettivi o il codice disciplinare dell’azienda stessa.
Spesso nei contratti collettivi è indicato quali comportamenti sono considerati così gravi da poter comportare il licenziamento in tronco (per giusta causa) e non (per giustificato motivo soggettivo).
In generale, un licenziamento disciplinare è comminato in caso di violazioni davvero gravi da parte del lavoratore. Solo per fare qualche esempio possiamo ad esempio parlare del caso del lavoratore che ruba soldi o sottrae comunque prodotti all’azienda, o del lavoratore che utilizza permessi (ad esempio i permessi della legge 104) per assenteismo ingiustificato; o del rifiuto di lavorare, o di rispettare gli orari, la falsa malattia o il falso infortunio.
I casi più gravi di comportamento scorretto giustificano il licenziamento disciplinare in tronco, senza preavviso; nei casi meno gravi è invece dovuto un preavviso al lavoratore.
Il licenziamento disciplinare deve necessariamente avere forma scritta, e spiegare anche le ragioni di questo atto, così che il lavoratore possa essere ben informato delle motivazioni per cui si è giunti ad una simile sanzione nei suoi confronti.
Va da sè che il licenziamento disciplinare non deve diventare una scusa per un licenziamento discriminatorio (come tale vietato dalla legge) come quello per matrimonio, maternità, razza, religione, genere, lingua e via dicendo.